I LOVE SPLINDER – PARTE 2

I LOVE SPLINDER – PARTE 2

(on the air: The Kolors – ITALO DISCO)

12 minuti

Continua da qui.

– Allora, abbiamo anche Atauro Morbosiski!
– Leonà, ma cazzo, Ataru Moroboshi! MO-RO-BO-SHI. Non ho idea di che cavolo di nome sia, ma almeno pronuncialo bene!
– Sì, scusami Sofia. Morbo-Morobò, (ma cos’è sta cringiata)… ehm… ATARU, buonasera!
– Sì esatto, Ataru Moroboshi o Simone, come preferite. Voi chi diamine siete? E perché… perché su questo pullman c’è quasi tutto il mio blogroll?
– Ora vi diremo tutto. Intanto le dico che…
– A Leonà, dammi del tu per favore. Potrei essere tuo padre! A tuo padre daresti del lei?
– Ok ok. Dicevo: abbiamo distribuito un foglio a tutte le persone che hanno risposto al nostro invito. Le dic… ehm ti dico la verità, qualcuno ha rifiutato, comunque, come vedi, sono un bel numero. Sul foglio c’è una semplice domanda: “che cosa resta del/della blogger che eri vent’anni fa?”. Le risposte fornite ci serviranno per un concept.
– Semplice? Ci vuole una vita intera per rispondere! Che concept? Oh regà, ma davvero rispondete a ‘sta roba??
– La produz…
Sofia dà una gomitata a Leonardo.
– Sì ok, per ora basta così, Leo. Se avete risposto, procederei con la lettura dei vostri contributi a voce alta. Il resto ve lo spieghiamo dopo. Grazie di essere qui, anche da parte dei nostri superiori.

La festa

Interventi in ordine alfabetico di nickname: che il party abbia inizio! Musica! … questa non è Ibizaaa…

Avanti la prima! A.liena (Anna): “Che cosa è rimasto? Tutto! La radio, il senso di a.lienazione rispetto al circondario, l’amore per le merendine e l’alcol, ma soprattutto si è radicato in me lo slogan MACHISSENEFREGA, che è diventata la mia filosofia di vita per scansare l’inutilità della maggior parte delle questioni su cui si affanna questa umanità”.

Akyla (Maria): “Resta la voglia di raccontare di me, resta la spensieratezza e la curiosità di quegli anni”.

Bene, ora tocca ad Ammula (Annamaria): “Uhm…datemi altri 20 anni per pensarci! Ahahah” .

Prego, Angelminds (Sara): “Per citare il buon Ataru: On the air: Masha e Orso O.S.T. Non ci sono più i Placebo mentre scrivo, ora c’è Masha e Orso e le sneakers al posto del tacco 10. Le emozioni che scrivevo ci sono ancora, ma volte mi dimentico di raccontarle e finiscono sepolte tra un meeting e l’altro e le dozzine di lavatrici settimanali. A quella 20enne sognatrice e determinata devo la donna che sono, con i miei traguardi e i miei insuccessi. E quando mi capita di emozionarmi e sorridere, le somiglio ancora anche senza blog e con qualche ruga in più”.

B… BoC? Ah sì, Buonaocattiva (Roberta): “Cosa resta? Rimane la voglia di rileggere tutto del mio blog e quello di tutti gli altri. Tutto e tutti da capo, per rispolverare le emozioni di quel tempo e magari riviverle. Rimangono le amicizie nate allora. Rimane un sorriso, ma anche una lacrima”.

Cavuccio (Gianluca), a te: “Rimangono 45 post, 17478 parole, 91487 caratteri (spazi esclusi), 15 mesi di esercizi di stile, riflessioni, recensioni, velleità letterarie, refusi e qualcuno che mi chiede oggi, cosa rimane di quel blogger che fu”.

Ecco Cecia (Cecilia): “Della blogger che ero vent’anni fa resta la stessa tendenza alla logorrea e la curiosità verso le storie altrui”.

Uhm e questo? Dio o Er Caccola? (Stefano): “Ma che resta? Non resta un cazzo! Begli anni, bei tempi ma non è rimasto niente. 20 anni fa, un altro periodo, un’altra vita!”

È il momento di Divara (Elena): “Non sono mai stata una così assidua blogger e io sono cambiata moltissimo, della me di quei tempi rimane poco, ma se sono come sono ora lo devo a chi i blog li ha scritti e alle relazioni umane che si sono intrecciate negli anni e mi hanno reso una persona che mi piace di più”.

Lei è… Fra le nuvole (Francesca): “Cosa è rimasto? Lo stesso numero di romanzi che attendono di essere terminati. Alcuni sono anche gli stessi di vent’anni fa”.

Prego, signor Ge (Gennaro): “Ero un blogger poco attento, discontinuo e senza una linea precisa. Di quegli anni è rimasto però il ricordo di certe notti a chiacchierare con persone favolose che ancora oggi sono nella mia vita”.

È il turno di Gemella Unica (Simona): “Di quel che ero 20 anni fa rimane davvero poco. Quando mi capita di rileggermi, con la testa di ora, spesso non mi “approvo”, ma allo stesso tempo sorrido, perché mi faccio tenerezza ed è stato tutto sommato un periodo divertente”.

Ancora alla G? GiggiMassi – Parolibero (Luigi): “Resta l’idiozia”.

Grazie e avanti con Il Militante (Orlando): “Cosa resta del Militante di 20 anni fa? Il piacere di leggere un post ben scritto, l’affetto per gli amici splinderiani che seguivo, come Ataru, la sensazione di aver fatto parte di una esperienza collettiva fantastica e irripetibile”.

Numero 13! Insanesoul (Stefano): “Del blogger che ero vent’anni fa? Resta la curiosità di scoprire nuove “vie”, e la “rete” di amicizie, figlia di Splinder”.

Tocca a Juditta (Sara): “Della blogger che ero rimane forse un’instancabile quanto estenuante ricerca di allargamento del campo espressivo, accompagnata da continua ribellione alle limitazioni del mezzo, nonché il desiderio, probabilmente utopistico, di una rete davvero libera (se non altro, dalle logiche di marketing). Questa era Juditta, questa è merrylevov e sono io”.

Il signor Kappak (Carmine): “Del blogger che ero è rimasto qualche scritto nel cassetto, un romanzo mai finito e qualche Word in versioni ormai dimenticate. E tanta nostalgia per quei tempi in cui c’era tempo per le passioni”.

Ora c’è… La Isla Bonita (Lisa): “Allora ecco: resta talmente poco della blogger di vent’anni fa che nemmeno parteciperò a questa cosa!”.

Lakota (Fabio), dica: “Del blogger di 20 anni fa resta il mio essere cazzaro!”.

La Ste (Stefania): “Il mio blog era la mia casa immaginaria, la cucina col frigo rosa, e il grande divano su cui fare chiacchiere. Io scrivevo della mia vita, era l’unico posto in cui potevo essere me stessa. Quella blogger si è solo un po’ persa ma presto tornerà a scrivere”.

Sofia smette di chiamare e mi fa:
– Siamo a metà del tuo blogroll, Simone. Vuoi dire qualcosa?
– Non so… due salatini, una birretta?
– Non abbiamo snack e bevande.
– Ah.
– Eh. Dai Leonardo, continua tu con l’appello.
– Uh, eccomi, scusa! Stavo scrollando i video su TikTok e mi è apparso quel tipo troppo divertente che spacca un bidè a testate.
– Leonardo? Io non volevo lavorare insieme a te: che sia chiaro, mi hanno costretta.
– Lo avevo capito, sai? Tu sei una secchiona e pure romana! AHO, ENNAMO, MO TE DICO ER PROSIMO.
– Sembri quel vecchio milanese pelato che faceva i cinepanettoni e imitava malissimo il romanesco, ce ride giusto mi’ padre. Lascia stare e procedi rapido che s’è fatta ‘na certa.
– Va bene va bene… scusate di nuovo.

Le Mie Mari (Mari): “Di quella blogger rimangono strette a me le persone. Quei nick diventati volti, voci, cene, brindisi, affetto sincero. Confermando che di virtuale non c’era proprio nulla”.

Lizzen (Elisa): “Della blogger che ero restano le amicizie, quelle andate avanti nella realtà e quelle traslate su Facebook o Instagram. Resta anche la capacità di non indignarmi per discussioni sui social perché Splinder, 20 anni fa, mi ha insegnato a gestire i commenti e tutte le psicopatie ad essi legati”.

Luci (Lucia): “A distanza di anni, e nonostante abbia lasciato “morire” il mio blog nel 2018, di quel periodo mi è rimasto quel riflesso condizionato di pensare ogni santa volta, di fronte a qualcosa che cattura la mia attenzione o che mi stimola una riflessione: “Questo è materiale per un post!”. Poi con sollievo mi ricordo che non ho più nessun blog. Non ho mai amato scrivere, ora lo posso dire. Mi divertiva pensare i titoli però, e leggere i commenti”.

Masciasole (Mascia) “Mi resta il solito approccio sarcastico alla vita ed il neurone spompo che adesso ha pure l’alibi dell’usura. È un mondo difffffffizzzzile: noi s’invecchia ma la saggezza non c’avrà mai. ”

Miss Piggy (Angela): “Mi restano il nome e la curiosità. Quella blogger oggi non c’è più. Troppi anni di social network l’hanno consumata”.

La prossima è Missmidnight (Serena): “In vent’anni sono più le cose che ho lasciato andare che quelle rimaste. Ad accompagnarmi oggi resta l’essenziale: la voglia di scoprire, la sensibilità verso il mondo, l’amore per la scrittura. Il mio inestimabile tesoro esistenziale”.

Mrs D. – Comprerò io fiori (Antonella): “Quella tipa lì oggi ha qualche difetto in meno, sa più cose, anche di sé, e conserva tali e quali entusiasmo, curiosità, autoironia a chili e… intuito nello stanare gente che scrive in modo interessante. Ah… ovviamente “compra sempre lei i fiori”

Lei la conosci molto bene… Noeyalin (Monia): “La voglia di scrivere che fa prudere le mani, qualche carampan*, tu”.

Nuage de Nuit (Chiara): “Restano i miei nei”.

Pan di Zen (Andrea): “Di quel me rimane molto poco, di sicuro non ho mai smesso di avere quella voglia di fare gruppo e intraprendere avventure”.

Papi 78 (Francesca): “Della blogger che ero 20 anni fa resta il desiderio di tornare a scrivere cose contenenti ognuna, un po’ della mia anima”.

Revenge (Benjamin): “Niente. O quasi. Resta la volontà di condividere pensieri e opinioni. Però odio la gente su internet e preferisco confrontarmi con le persone nel mondo reale”.

Sciroccata (Sabrina): “Resta la voglia di mangiarsi la vita, anche quando ti dà una cinquina in piena faccia”.

Shpalmena (Mena): “Un nome, Shpalmena, che ho riciclato svariate volte, una tesi di laurea e la voglia di scrivere per condividere un pensiero. Del blog nulla, visto che ho perso tutto da quando Splinder è stato chiuso”.

Sophie82 – Noreen (Nora): “Il rammarico di non aver salvato il blog da nessuna parte”.

Quasi finito, eh… Stormeyes (Sara): “Rimpianti per non aver scritto nulla e… un nickname. E la suggettamma! Quella c’è sempre”.

Ladies and gentlemen, mister… Trentamarlboro (Gianmatteo): “Resta, direi intatta, la mia devozione per la scrittura. Ma resta pure intatto un fierissimo sentimento di reducismo! Splinder ci ha fatto volare tanto quanto ci ha fatto dannare: un’adolescenza tardiva, furiosa e stupenda…”.

Per ultimo abbiamo lasciato colui che commentava tutti senza un blog, il signor Thunderblue (Diego): “20 anni fa commentavo, sotto le spoglie di Thunderblue, qualcosa scritto da altri. Oggi, per lavoro, scrivo libri che commentano qualcosa scritto da altri. Qualcuno direbbe che ho fatto carriera”.

La piattaforma

Resto in silenzio per un po’. Rivedere queste persone tutte insieme emozionerebbe anche quella capra di Chat GPT. AUGURI ATARU!

– Sono incredulo e basito, ragazzi. Non avete offerto da bere, ma avete comunque rintracciato ben 37 blogger e IL commentatore. Tutto questo solo per il ventennale di Machissenefrega?
– No, in realtà no. Era un pretesto. Non perdiamoci in chiacchiere, abbiamo tempi stretti e ci scade il noleggio del bus. Guardate questo video che arriva dalla produzione e diteci cosa ne pensate… di certo sarete entusiasti!
– Quale produzione, scusa?

La musica si ferma, finalmente: c’erano i The Kolors in loop da 25 minuti e già così Italodisco mi andrà via dalla testa tra una decina d’anni.
Si accende lo schermo in testa al pullman.

TU-DUN (Questo suono ormai è inconfondibile!)
Carissime e carissimi, buonasera! Sono il dottor XXX, capo produzione Netflix. Spero che la sorpresa sia riuscita! Siamo in pieno revival anni Novanta e anni Zero: avrete di sicuro notato quante serie e docufiction sono ambientate ai vostri tempi. La concorrenza ha persino lanciato un dramedy sugli 883! È il momento giusto per far conoscere la stagione dei blogger ai GenZ e a tutti coloro che si sono persi quel periodo d’oro: le liti, gli amori, le classifiche, i fake, gli scandali! Il progetto si chiama I Love Splinder, ecco la locandina! Vi piace? Vi propongo di lasciare la vostra testimonianza e diventare così protagonisti di una serie tv: i vostri ruoli saranno chiaramente presi da attori più giovani e affascinanti. Sono sei episodi con possibilità – se gli ascolti lo consentiranno – di proseguire con la seconda stagione. Lo so, lo so, vi starete chiedendo del compenso. Bè, considerando che abbiamo voluto essere il più possibile aderenti alla realtà un po’ sfortunata della vostra generazione, vi proponiamo un piccolo gettone di presenza. In amicizia, insomma. È una piccola produzione ma con la seconda stagione arriveranno gli sponsor, gli introiti aumenteranno e brinderemo con lo champagne. E magari inseriremo qualche special guest tra quelli che ce l’hanno fatta, tipo Diego “Zoro” Bianchi, Makkox e Selvaggia Lucarelli. Che ne dite?

Epilogo

Mentre Leo e Sofia svelano l’inconfondibile logo rosso della piattaforma, ora ben visibile sulla fiancata del pullman nero, mentre Enzo Er Frittata ci saluta da lontano e va via – colmo per un ex tassinaro seppur immaginario – a bordo di un Hubner, noi dinosauri ci siamo guardati per un attimo negli occhi e ora siamo già lontani: avremo pure un’età, ma ci restano ancora un po’ di fiato e di dignità per schizzare di corsa più giù, verso piazza Barberini, verso un posto qualsiasi dove ubriacarci come si deve. Il revival può attendere altri vent’anni, oppure per sempre. Del resto ci basta essere stati i primi a scrivere qualcosa di senso compiuto sul web e i primi a mostrare inequivocabili segnali di insofferenza nei confronti dei social e dei loro ormai rozzi e squinternati abitanti. Netflix, non ci avrai! O almeno non a queste condizioni da fame.

Ah, giusto! Cosa rimane dell’Ataru di vent’anni fa? La voglia di scrivere e di raccontare storie “semiserie e seminò”. Sono passati i 30 e i 40, incombono i 50: sono più selettivo sull’alcol che bevo, sulla musica che ascolto, non mi stupisco quasi più di niente, guardo più al futuro che al passato, nonostante viva in Q.M. (vedi prima parte). Se però un giorno qualcuno mi chiedesse di tornare indietro nel tempo, non me ne fregherebbe un cazzo degli anni ’80, dei ’90, della scuola, dell’adolescenza e nemmeno dei 20 anni. Tornerei dritto a quel quinquennio in cui i dinosauri, seppur fugacemente, dominarono il web. Ho riconosciuto ognuna e ognuno di voi in quei messaggi, perché alla fine puoi cambiare quanto vuoi, ma le parole non tradiscono mai.

Grazie di cuore per la partecipazione alla festa: con oggi, fanno 20 anni esatti a fregarcene.

Oh, il logo è proprietà di Netflix, ci mancherebbe altro.

I LOVE SPLINDER – PARTE 1

I LOVE SPLINDER – PARTE 1

(on the air: Fontaines D.C. – Roman Holiday)

7 minuti

– Sofi, ma proprio a noi doveva capitare il progetto sfigato?
– Leonà, non mi devi chiamare Sofi, capito? Qua stiamo a Roma, chiamami Sofì, Sofia, al limite Sò, ma non Sofi. GRAZIE.
– Figa, come sei suscettibile!
– Senti, muoviti e chiudiamo ‘sta cosa, sennò altro che stagisti, qua ce buttano in mezzo a una strada. Te a Milano e io a Largo Preneste. Hai distribuito i fogli?
– Oh ma per chi mi hai preso? Me ne sono anche avanzati una ventina!

Il pullman nero

Via Veneto, Roma, ore 23:15.
L’aria si è un po’ alleggerita rispetto a qualche giorno fa, quando il soffio opprimente dell’estate sembrava non finire mai. Piove a tratti, c’è un po’ di vento che smuove le foglie ancora verdi e robuste sugli alberi: l’autunno lo stanno cercando a Chi l’ha visto? o nell’ennesima immagine pacchiana creata con l’AI.
Mi hanno dato appuntamento a bordo di questo pullman nero parcheggiato male a lato della strada della Dolce Vita.
Stasera il mio blog, il blog di Ataru Moroboshi, compie 20 anni: sarà una festa a sorpresa? Un rapimento alieno? Più verosimilmente è una coincidenza e questa cosa non c’entra assolutamente nulla. Mi sto comunque chiedendo cosa sia venuto a fare qui: una mail da parte di una ragazza per conto di un sito di informazione non ben identificato, che vorrebbe parlare del mio secondo romanzo. Che ormai è uscito da un annetto.
Oggi, però, dopo averlo riposto in cantina per diverso tempo, mi viene più da pensare al blog. Vent’anni, cazzo: se da una parte ne sembrano passati milioni, dall’altra continuo a ripetermi che non è possibile: “già venti??”.

Dinosauri dell’internet

Cinque minuti all’appuntamento. Un fumatore sa che quei cinque minuti sono utilizzabili al meglio (o al peggio, secondo l’illustre parere del professor corpo umano): fuoco al tabacco e ai ricordi da nonno. I blog (o diari personali) spuntano in rete come funghi dopo un bell’acquazzone, nel quinquennio 2001-2006. Un po’ come nel Triassico sul supercontinente Gondwana comparvero i dinosauri, destinati poi a dominare le terre emerse per 165 milioni di anni.
I blogger erano i dinosauri dell’internet. Carnivori, erbivori, ma tendenzialmente senza spaccare il cazzo alla società per questo.
Avevano una loro visione del mondo circostante e, tra le pieghe colorite dei racconti delle loro giornate, ogni tanto la sputavano fuori, rigorosamente ben scritta. La loro arma era la scrittura: tagliente, ironica, quasi mai sgrammaticata.
Si nutrivano di sarcasmo, voglia di emergere, successo effimero, fosse stato anche solo quello di finire nel blogroll di Personalità Confusa.
Litigavano sì, c’erano i flame. Qualche volta, in quel grosso condominio chiamato Splinder, ma anche in quelli attigui di Blogspot, Iobloggo, WordPress, affiorava anche il lato peggiore; e ci si mandava affanculo, rigorosamente con stile. Poi si guardava oltre, fino al flame successivo. Ancora non lo sapevamo, ma quella sarebbe poi divenuta la palestra perfetta per trollare il becero popolo dei social.
Dai, non eravamo solo stronze e stronzi! Su quei pianerottoli nascevano sì invidie, ma anche affinità letterarie e amorose, amicizie e storie di una sera: virtuali, reali, cosa importa? È il progresso, baby! Quelli fuori non capivano, non sapevano e andava bene così.
Oh, ma ti ricordi le blogstar? Gente famosa solo in quella bolla o poco più, che pretendeva venerazione e spesso non ti concedeva manco la risposta a un commento. Qualcuno, negli anni successivi, avrebbe più o meno meritatamente sfondato quel muro di pixel finendo in tv o sulle pagine di libri e giornali.
Nel 2007-2008, le prime nefaste avvisaglie del meteorite che avrebbe colpito la rete si manifestano con gli avventi di Twitter (oggi X) e Facebook e con la conseguente prima estinzione di massa dei blogger.
Nel 2011 – il Cretaceo-Fanerozoico dei blog – quelle poche creature rimaste in vita vengono definitivamente spazzate via dalla maledettissima combo asteroide/social + glaciazione/analfabetizzazione (passatemi il neologismo). Splinder muore, ci rifugiamo quasi tutti su Facebook, per giunta mettendoci nomi e cognomi veri. È la pietra tombale della blogosfera e dell’anonimato: sopravvivono soltanto i blog tematici, che poi daranno origine a mostri come il Movimento 5 Stelle o Chiara Ferragni. Un finale inglorioso che coincide con l’inizio dell’era contemporanea del web dinamico che per comodità chiameremo con l’acronimo Q.M. che sta per Questa Merda.

Q.M.

Oh sì, dovrei ancora raccontare dei danni devastanti creati dall’avvento degli smartphone e della fin troppo democratica connessione veloce per tutti, degli sciaguratissimi speech in agenzia (compresi i miei) che esaltavano l’avvento del web 2.0 costellato da miliardi di utenti che finalmente interagivano liberi come banchi di piccoli pesci nell’oceano, del fatto che oggi i giovani non sappiano più che cos’è una email o che i miei coetanei che scrivono – spesso molto male – sui social, sono per un buon 80% il più grande cancro al cervello della società mondiale. Dovrei dire che i flame si sono evoluti (o meglio, involuti) mutando in polarizzazione estrema: o sei da una parte o sei dall’altra. Se non sei dalla mia ti insulto, ti blocco, ti auguro la morte, “non provare a imbavagliarmi perché la mia è libertà di espressione” anche laddove la tua è in realtà libertà di scrivere cazzate, abboccare a qualsiasi fake news e schierarti a cazzo su qualsiasi argomento senza saperne niente, abusando indiscriminatamente di quell’Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani che Gramsci aveva pronunciato quando andavano di moda i vestiti di grisaglia. A proposito di intellettuali, aveva ragione Umberto Eco nel 2015. Io gli avevo dato del boomer retrogrado e snob e invece aveva ragione da vendere a pacchi, parola per parola: I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli. Ora, nel 2023, il termine imbecilli mi sembra persino troppo bonario.
Al posto delle blogstar sono arrivati gli influencer e, se già le prime mi stavano sui coglioni, figurati questi qua che diventano famosi dopo un reel in cui rompono un cocomero a testate cantando l’ultimo successo di qualche trapper disagiato e cresciuto male nei sobborghi di Roma, Napoli o Milano. Del web 2.0, i blogger sono padri e madri. E ora, tutto sommato, vedrebbero volentieri crepare quel figlio hooligan che vomita post, commenti e sentenze senza sapere cosa siano la netiquette, l’equilibrio mentale e la lingua italiana. Del resto, una grossa fetta di utenti social dai 30 ai 70 anni non ha frequentato la scuola esclusiva che frequentavano i blogger e gli utenti dei primi forum, né ovviamente è nativa digitale: è gente allo sbando con una superflua e spesso costosa protesi connessa alla mano, utilizzata al 10% delle possibilità.
A completare lo scenario disastrato di Q.M., i siti di informazione sembrano siti porno di 20 anni fa, sia per i contenuti, sia per la quantità di popup pubblicitari che si aprono appena cerchi di leggere un qualsiasi articolo in cui viene sistematicamente fatto scempio della sintassi e del dovere di cronaca. E io davvero mi sono rotto il ca…

– Sor Atà, ce n’hai ancora pe’ parecchio co’ sta pippa der NOI CHE? Monta sur purma!
– ENZO ER FRITTATA? IL TASSINARO IMMAGINARIO? Ma avrà…
– … 92 anni e sto ancora qua, embè?
– Ma mo’ guidi il pullman?
– Lascia sta’, ormai ai tassinari li odiano e te dirò, c’hanno pure ragione: se non stessi in pensione lavorerei pe’ Hubner. Diciamo che oggi sto qua per un motivo… sììì, ho capito signorina Sofia, sto zitto!
– Ehm, Uber. Sofia? Chi???
– Ma niente… daje co’ ste luci OOHHH!

Salgo e improvvisamente i riflettori puntano su ogni singolo sedile del pullman nero: è pieno di gente! E sono tutte facce a me note, anche notissime. Una ragazza e un ragazzo sui 23-24 anni mi bloccano mentre esclamo un “noooo!” di meraviglia e mi dirigo verso i passeggeri del bus.
I due si presentano: si chiamano Sofia e Leonardo.

FINE PRIMA PARTE: la seconda qui.